Su di me

Qualsiasi tentativo di auto-descrizione è condannato a infrangersi nel motto con cui l’Alberti accompagna il suo emblema dell’occhio alato, qui preso indebitamente a prestito: QUID TUM,  «e allora?».

Ciononostante, qualche dato autobiografico è inevitabile. Posso, dunque, dire di essere architetto e di avere, dapprima nel corso degli studi universitari, poi durante l’avvio e lo svolgersi della professione, maturata una crescente idiosincrasia per tutto quel che riguarda il futuro, il progresso, la tecnologia;  il macchinismo, l’avanguardismo, il giovanilismo; il collettivo, l’alternativo, il creativo; la modernità, l’originalità, l’eccentricità; la sperimentazione, l’innovazione, la partecipazione; l’informale, il concettuale, il sociale; ecc. In breve: tutto l’armamentario dei luoghi comuni partoriti e manipolati dalla retorica socialdemocratica novecentesca, a proprio uso e consumo.

Per contro, i miei interessi si sono ben presto incentrati sull’Antico, che non è solo un’inesauribile miniera di fantasia, ancora in larga parte inesplorata, ma anche, e soprattutto, il più efficace antidoto al conformismo imposto dal Supermercato Globale.

Da molti anni, mi occupo di restauro e mi dedico allo studio degli Ordini Architettonici, unica, vera essenza della grande Architettura Italiana ed Europea.